08/01/2020
Una grande catena di supermercati decide di ridurre gli spazi a scaffale per le bevande zuccherate obesogene e Coca-Cola reagisce interrompendo le forniture. Fenomenale arroganza, magari pure abuso di posizione dominante.
Coca-Cola – Intermarché, il ricatto
Le Figaro ha rivelato una nota interna di Thierry Cotillard, presidente di Intermarché Alimentaire. (1) Il quale spiega che il gruppo Coca-Cola ha interrotto la consegna di tutte le sue gamme a Intermarché e Netto, a causa di un ‘disaccordo commerciale’. L’estate scorsa Intermarché avrebbe informato i fornitori di bibite della sua intenzione di ‘ridurre gli spazi (a scaffale) di alcune bibite a favore di prodotti che rispondano a nuove tendenze, più sani, meno dolci’.
‘I nostri clienti desiderano prodotti più sani per preservare la propria salute a lungo termine. (…) Inoltre, mettono in discussione i prodotti che hanno un impatto negativo sull’ambiente, abbandonando sempre più i contenitori di plastica e favorendo alimenti minimamente trasformati provenienti dalle industrie agricole locali’ (Thierry Cotillard, presidente di Intermarché Alimentaire).
Coca-Cola non ha digerito però la scelta del proprio grande cliente di ridurre le gamme dei suoi prodotti a scaffale, sebbene comunicata per tempo. Il colosso americano delle bibite vorrebbe costringere Intermarché a detenere l’intera gamma dei suoi prodotti. E per fare pressione sul distributore, sembra avere fermato tutte le consegne a Intermarché e Netto.
Il Cliente ha sempre ragione?
Il Cliente (che paga) ha sempre ragione, nel senso di avere diritto a ricevere le merci ordinate ai prezzi concordati. La GDO (Grande Distribuzione Organizzata), oltretutto, è un Cliente che può incidere in misura relativamente significativa sul bilancio di un’industria alimentare. Ed è perciò che la distribuzione moderna, nel corso dei decenni, ha sviluppato prassi commerciali tendenzialmente inique nei confronti della gran parte dei propri fornitori in quanto contraenti più o meno deboli.
Le pratiche commerciali scorrette sono perciò state sottoposte a un’apposita disciplina – la direttiva UE 2019/633 (UTPs, Unfair Trading Practices) – tesa a riequilibrare il rapporto contrattuale nelle forniture di derrate agricole e alimentari. Il caso in esame è però diverso, poiché è il fornitore – una Corporation che detiene i c.d. Must-Have Brands – a esercitare un rapporto di forza anche nei confronti dei più grandi gruppi della distribuzione.
I Clienti dei fornitori di Must-Have Brands, di conseguenza, sono costretti a subire le condizioni imposte. Con effetti che si ripercuotono sulla libera concorrenza, poiché tali condizioni tendono a escludere la presenza e/o la competitività di prodotti che provengano da altri fornitori. Come si è visto nel caso di Unilever Italia, che nel 2017 è stata sanzionata dall’Antitrust per abuso di posizione dominante.
‘La Coca-Cola vuole costringerci con ogni mezzo a mantenere una gamma del 2020 che non vogliamo. Questo approccio in realtà mira a limitare l’accesso agli scaffali Intermarché e Netto di nuovi prodotti, spesso fabbricati da PMI, a cui volevamo fare riferimento dalla cadenza di gennaio anziché da Coca-Cola’ (Thierry Cotillard, presidente di Intermarché Alimentaire).
Abuso di posizione dominante?
‘È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.
Tali pratiche abusive possono consistere in particolare: (…)
(d) nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi’ (TFUE, articolo 102).
L’abuso di posizione dominante – che il Trattato per il Funzionamento dell’Unione Europea vieta, agli articoli 101 e 102 – si configura ogni qualvolta un‘impresa che si trova in una posizione di forza su un determinato mercato sfrutti questa posizione per eliminare la concorrenza. Tra le pratiche abusive la stessa Commissione europea – che ha potere di eseguire indagini, anche d’ufficio, e comminare sanzioni – cita espressamente l’ipotesi di ‘subordinare la vendita di un prodotto alla vendita di un altro prodotto’. (2)
Intermarché, a testa alta per il bene dei consumatori
Intermarché – terzo gruppo della GDO in Francia – è uno dei protagonisti della rivoluzione del cibo buono. Ne ha dato prova, negli ultimi mesi, con due storiche decisioni che si applicano su tutte le referenze alimentari a MDD (Marca Del Distributore):
– riformulazione degli alimenti. Oltre 900 cibi a private label sono stati sottoposti alla revisione della ricetta al preciso scopo di migliorarne i profili nutrizionali, ben espressi in etichetta attraverso il Nutri-Score,
– etichetta d’origine. Grazie al Franco-score i consumatori possono sapere la quantità di ingredienti francesi in ogni prodotto. In modo da poter distinguere al volo gli alimenti che provengono da una filiera corta, e conoscerne la regione di provenienza.
All’arroganza della Corporation a stelle e strisce il presidente di Intermarché risponde con fermezza. Preannunciando anche una possibile azione legale. Proprio nei giorni scorsi, tra l’altro, avevamo accennatoalle ingannevoli campagne di pubbliche relazioni e marketing di Coca-Cola rivolte ai bambini e alle loro madri. L’Autorité de la concurrence avrebbe insomma diversi temi su cui indagare.
‘Fino a prova contraria, siamo liberi di scegliere i nostri assortimenti, a condizione che i nostri fornitori ricevano un preavviso adeguato. Non accettiamo che una multinazionale ostacoli le nostre convinzioni, infranga i nostri valori di indipendenza, ostacoli la nostra libertà in termini di scelta degli assortimenti, a rischio di creare un precedente con altri grandi gruppi’ (Thierry Cotillard).
Dario Dongo