A me questa storia del plasma miracolo sta un po’ dando fastidio.
Il motivo è sempre lo stesso: il fatto che ci si fidi ciecamente di quello che si sente e si legge, alimentando magari speranze pericolose in chi ha davvero bisogno di aiuto.
Tanto per essere chiaro, plaudo alle ricerche che si stanno portando avanti a Mantova o altrove, così come plaudo a qualsiasi iniziativa che serva a migliorare la qualità di vita di tutti noi verso Sars-CoV-2, non plaudo a chi alimenta le facilonerie e, soprattutto, a chi alimenta più o mano consapevolmente, notizie che sanno troppo spesso di bufala.
E allora, di corsa ma sperando di fare una cosa utile, vi inoltro una nota di un medico (che non conosco personalmente) ma di cui condivido l’essenza dell’articolo.
Ringrazio anche il Dott. Vito Mastrorilli, Collega e Amico, per aver condiviso questa nota interessante.
Per ultimo: alla fine dell’articolo c’è la bibliografia, elemento essenziale delle note scientifiche. Fino ad ora ne ho viste pochine…
Buona lettura
“ALCUNI CHIARIMENTI SULLA CURA CON IL PLASMA”
In questi giorni fa molto discutere la possibilità di una cura per Covid-19 tramite l’utilizzo del plasma di pazie…nti guariti dalla medesima malattia.
A costo di raffreddare gli entusiasmi, vogliamo chiarire alcune cose circa questa terapia di cui, ovviamente, alcuni personaggi pluricandidadati al Nobel (e non), novax (e non) già cominciano ad attribuirsi i meriti.
La terapia in sé è interessantissima ma, anche una volta accertato il fatto che funzioni realmente (cosa molto probabile ma servono ancora trial clinici con i gruppi di controllo), vi sono diverse problematiche che rappresentano dei veri e propri limiti:
1) Il plasma è un emoderivato ossia, in poche parole, è una porzione del sangue. Pur essendo altamente controllato, come di prassi per le donazioni di sangue, vi è il teorico rischio di trasmissione di malattie infettive (AIDS, epatite ecc).
2) Non sappiamo QUANTI donatori e QUANTO plasma servirebbe per la terapia di migliaia di persone. Dovrebbero essere utilizzate una o due sacche di plasma, prelevate da donatori che rispondono a certi requisiti.
3) In particolare i donatori devono essere necessariamente pazienti guariti. Non serve ad un accidente un donatore “normale”. Occorrono donatori volontari tra coloro che si sono ammalati ed hanno sviluppato una risposta anticorpale, e il che ridurrebbe di molto le possibilità di reperire la materia prima, ossia il plasma. Di fatto questa importante premessa racchiude al suo interno diverse complicazioni:
– l’età media dei contagiati in Italia è di circa 62 anni [1];
– le persone anziane che possono donare sono decisamente inferiori rispetto a individui giovani, per problemi legati alla salute, come ad esempio patologie legate alla pressione sanguigna, che li escludono automaticamente dai possibili donatori [2];
– insomma, potremmo usufruire del plasma di una percentuale estremamente bassa di donatori, e questa cosa renderebbe impossibile la produzione di una cura su larga scala.
4) Di fatto, con buona pace di chi pensa che si avrebbe una cura “naturale” e gratuita, non si tratta di fare una trasfusione da un parente all’ammalato, o da un paziente guarito al suo vicino di stanza. Bisogna trattare migliaia di pazienti in ogni nazione, quindi necessariamente la procedura deve essere industriale. E sarebbe “bigfarma” a dover produrre e commercializzare il farmaco. Sappiate che non tutto cresce sugli alberi: i farmaci no. Neppure quelli omeopatici.
5) Il plasma una volta prelevato va raffreddato ad una temperatura inferiore ai – 25°C, cosa per niente banale, come invece si potrebbe pensare. Non solo con trasporti in mezzi refrigerati, ma anche durante stoccaggio, come ben sa chi si occupa della farmacia ospedaliera. Quindi con qualche difficoltà di distribuzione in alcune aree geografiche, nelle quali per insufficiente rete di trasporto e/o rete elettrica, c’è una seria difficoltà nell’uso di alcuni farmaci [3].
6) Non è Il sistema immunitario del malato a produrre quegli anticorpi, ma sono presi dal plasma di un altro soggetto. Ciò implica che il sistema immunitario del soggetto curato in questo modo non svilupperebbe alcuna memoria immunitaria, e non lo proteggerebbe da una possibile re-infezione. Insomma, la terapia sarebbe solo temporanea [4]. La differenza sostanziale è che mentre nel plasma vi sono anticorpi già pronti, che vengono fisiologicamente distrutti dopo qualche giorno, il vaccino, stimolando una produzione propria da una parte evita del tutto (o dovrebbe) la malattia ma induce anche la formazione di cellule specifiche, che si tramandano nel tempo, che hanno il “ricordo” dell’antigene e, in caso di necessità, torna a produrre nuovamente quegli anticorpi specifici. Per la cronaca, non è l’anticorpo ad avere la memoria. L’anticorpo è il prodotto della cellula “addestrata” contro il virus. Sono queste cellule che danno poi l’immunità permanente. È una differenza simile a quella tra il mandare un plotone di soldati a difesa di una città o costruire una caserma di addestramento al suo interno. Mentre il plotone, prima o poi congeda i soldati, la caserma ne addestra sempre di nuovi.
7) Proprio per questo la terapia col plasma non può certo sostituirsi alla creazione di un vaccino. Le ragioni nello specifico sono due: di fatto questa terapia POTREBBE CURARE chi si è già ammalato. Il vaccino, invece, impedirebbe del tutto il contagio in quanto, se effettivamente le cellule che producono gli anticorpi avessero una buona memoria immunologica (cosa che, ci teniamo a sottolinearlo, ancora non sappiamo), il paziente non rischierebbe proprio di ammalarsi.
Poi certo, in attesa del vaccino, questa cura sarebbe già un grosso risultato.
8) Un altro rischio teorico (ipotizzato su modello animale) è che l’immunizzazione passiva legata alla somministrazione di anticorpi possa ridurre la risposta immunitaria rendendo i soggetti maggiormente vulnerabili alla successiva re-infezione [4].
9) Sappiamo inoltre che uno dei possibili effetti di COVID19 è l’aumento di formazione di coaguli. Nel plasma sono presenti anche fattori della coagulazione e questo ne aumenterebbe il rischio [5]
10) Pur essendo una terapia molto promettente dobbiamo considerare che gli studi in corso non hanno un vero e proprio gruppo di controllo il quale ci permetterebbe di dire “si questa terapia funziona e non è data dal caso”
Concludiamo dicendo che postare o condividere qualunque notizia non verificata (che sia allarmistica o trionfalistica) contribuisce solo ad aumentare la confusione in merito all’attuale situazione, già delicata di suo, specialmente nei non addetti ai lavori; non accelera in alcun modo la ricerca, e non contrasta in alcun modo i poteri forti. Per cui lasciate che i ricercatori facciano il loro lavoro, con la certezza che, al momento opportuno, né loro né i media preposti avranno bisogno dell’aiuto delle condivisioni su Facebook per ufficializzare la notizia in anteprima.
A cura di Danilo Antonio, medico di medicina d’urgenza.
FONTI:
[1] https://www.epicentro.iss.it/…/Infografica_1maggio%20ITA.pdf del 1 maggio
[2] https://www.avis.it/donazione/faq-e-glossario/
[3] https://www.avis.it/donazione/il-sangue/
[4] https://www.cdc.gov/vaccines/vac-gen/immunity-types.htm
[5] https://drive.google.com/…/1vLmzdKZHYR4NzLeIZ0BGe3…/view
[6] https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2765617 “