Ho scritto dopo gli attentati di Parigi il mio pensiero, inutile e poco considerato, ma visto che sono un caparbio osservatore del mondo, in parte ripeto i concetti espressi allora, e li ripeto oggi dopo l’ennesima dimostrazione di incapacità del mondo occidentale di difendersi dal terrorismo di matrice islamista.
Il nemico (perché di nemico si tratta) lo si combatte solo affamandolo, cioè togliendo a questi ricchissimi terroristi i mezzi di sostentamento; non è possibile pensare che, da una parte vogliamo gli investimenti del Qatar, di Abu Dhabi, dell’Iran, della Nigeria e di altri potentati africani e orientali e, dall’altra, pensiamo di combattere con quattro gessetti colorati quelli che con i soldi che girano, armano la mano delle bestie che ci uccidono, ci feriscono e ci portano terrore ovunque.
I terroristi non arrivano sui barconi, tutti quelli coinvolti negli attentati dal 2001 in poi erano o residenti o nati nei paesi che hanno colpito, sarebbe ora di rendersi conto anche di questo, e di smetterla di cavalcare l’orrore per fini elettorali in Italia: ma che senso ha chiedere le dimissioni del Governo italiano di fronte ai morti in Belgio, e di farlo quando ancora i cadaveri sono a terra?
Smettete di comprare benzina che non sia di provenienza americana o sud americana, smettete di andare in vacanza nel Nord Africa o in Medio Oriente, protestate quando un Emiro si compra metà Sardegna, non andate ai mondiali di calcio in Qatar, non usate nulla che sia anche solo lontanamente assimilabile a tutto quello che viene da lì, questi sono segnali di opposizione, non le luminarie sui monumenti o i gessetti colorati o i “je suis qualcosa”. Difficile? Quasi impossibile, perché noi abbiamo tutti la memoria molto corta, e siamo comunque attratti dallo sfavillio di Dubai, dal fascino del Sahara, dai resort fighi del Marocco. Ma è da qui, dal commercio mondiale, dalle borse impazzite, dal petrolio, che vengono i denari che armano la mano dei pazzi suicidi che si fanno esplodere negli aeroporti o in altri luoghi di fatto indifendibili. Poi ci pensiamo noi a peggiorare le cose, istruendo polemiche senza senso e berciando come scimmie in TV.
Ma tutto questo, anche il mio scritto, fa a pugni con il dolore che dovrebbe essere l’unico mantra di questi momenti terribili; siamo in guerra, e non da oggi, e in tempo di guerra si devono adottare strategie anche militari, che servano a combattere un nemico subdolo, ben organizzato, tanto ricco e molto capace di operazioni mediatiche e militari di alto livello. Non possono farlo solo “i politici” o “gli altri”, dovremmo farlo tutti.
Ma non lo faremo, solo indignazione, cortei e gessetti fino alla prossima strage.
Amen.