Il celebre produttore di pizze surgelate fattura 127 milioni di euro, con un mercato esteso a 55 Paesi. Si fregia di certificazioni di qualità e raccoglie premi, come il Brand Awards 2019 quale ‘migliore marca del largo consumo‘. (1) Ha addirittura un ‘codice etico’, salvo poi profanare sistematicamente i diritti dei lavoratori. Nell’indifferenza generale, pubblica e privata. Anche da parte di chi – come le catene della Grande Distribuzione Organizzata, in Italia e all’estero – a sua volta vanta la sostenibilità degli approvvigionamenti. POL POP (Profit Over Labor, Profit Over People).
Italpizza, gli operai col contratto da colf
Nello stabilimento Italpizza di San Donnino (Modena), 20mila metri quadrati, lavorano più di 800 persone. Ma solo 120 di loro – chi lavora in amministrazione, manutenzione e controllo qualità – ha un contratto di lavoro coerente al settore industriale e alle mansioni svolte. Gli operai che impastano e stendono la pasta – in prevalenza donne, di nazionalità non italiana – sono dipendenti di due cooperative, inquadrati con il contratto Multiservizi. Pulizie. Si risparmia così circa il 40% dei costi sul lavoro, a confronto con il contratto nazionale alimentaristi. (2)
Il codice etico di Italpizza non dovrebbe consentire questo tipo di furberie. Ed è chiaro come tale documento – pure richiamato nel sito aziendale – abbia la sola funzione di rassicurare i grandi clienti, all’insegna del greenwashing. Una dichiarazione di facciata per mascherare l’opaca gestione del personale. Leggiamo:
‘Valore delle Risorse Umane. Italpizza considera le risorse umane il principale patrimonio aziendale e fattore di successo e si impegna a garantire le condizioni affinché ogni persona trovi nell’ambiente di lavoro un luogo di serenità, armonia, identificazione, collaborazione e sviluppo professionale.
Criteri di gestione del personale. La selezione del personale è effettuata in base alla corrispondenza dei profili di competenze, capacità e caratteristiche richieste per la posizione e quelle dei candidati incontrati nel processo di selezione in ottemperanza alle politiche aziendali e nel pieno rispetto delle norme sulle pari opportunità.’
Italpizza, il gioco degli appalti alle cooperative
Il gioco degli appalti alle cooperative va avanti da anni. Il 9.12.16 la Flai Cgil lo aveva denunciato al ministero del Lavoro. Con l’unico risultato di ottenere l’irrogazione di una multa di importo non trascurabile, 700mila euro. Ma ciò non è bastato a indurre alcun cambiamento nell’iniqua gestione dei rapporti di lavoro. Il sistema degli appalti a cooperative fittizie, secondo alcuni, sarebbe una pratica diffusa nel settore alimentare così come in altri a forte richiesta di manodopera.
‘Italpizza rappresenta l’evoluzione più scientifica di questo sistema di appalti: a partire dal 2008 ci si è serviti in tutto il settore di false cooperative intestate a prestanome che in sostanza permettevano di evadere soprattutto l’Iva e l’Irap. Poi con il passare del tempo e le denunce da parte dei sindacati e della guardia di finanza, il sistema degli appalti è diventato legale, anche grazie alle riforme normative come il Jobs act. Ma non sono stati risolti i problemi di fondo legati allo sfruttamento del lavoro e all’evasione fiscale che questo sistema permette‘, spiega a Internazionale Umberto Franciosi, sindacalista della Flai-Cigl di Modena.(3)
La rivolta e l’accordo, parziale, con i sindacati
A novembre 2018 è iniziata la protesta delle lavoratrici, sostenute dal sindacato Si Cobas. Una battaglia dura, con picchetti davanti allo stabilimento per impedire il passaggio delle merci, interventi della polizia. E la pressione continua pressione pare avere convinto il ‘prenditore’ modenese a scendere a patti.
A fine luglio 2019 i sindacati confederali (a cui non partecipano i Cobas) hanno firmato un accordo quadro. Una soluzione (differita) è stata trovata soltanto per i 589 operai di una delle due cooperative coinvolte, Evologica. I quali riceveranno un aumento salariale progressivo, nel 2020 e 2021, con l’impegno di assunzione in Italpizza nel 2022. Per i 245 lavoratori della seconda cooperativa (Cofamo), invece, il confronto rimane aperto.
Con la rivolta in casa, ad aprile 2019 Italpizza ha però avviato l’acquisizione di un altro produttore di pizze surgelate. Un operatore in crisi, l’Antico Forno a Legna di Mortara (Pavia). E subito si è diffuso il timore di una replica del sistema ‘Multiservizi’, cooperative e contratti da colf. ‘Italpizza, da quanto ci riferiscono i colleghi di Pavia, prima di procedere all’acquisizione dell’Antico Forno che si trova attualmente in critiche condizioni economiche, avrebbe chiesto un accordo sindacale per definire le applicazioni contrattuali che dovevano essere le stesse presenti su Modena, cioè non applicare il contratto di lavoro per i dipendenti dell’industria alimentare. Questa sembrerebbe essere la precondizione per salvare i posti di lavoro; un vero e proprio ricatto!‘, avvertiva la Cgil. (4)
A cose fatte, il finale sembra meno scabroso. A inizio agosto, Italpizza ha acquisito il concorrente. Ma stavolta senza appaltare la produzione a cooperative fittizie. Grazie alla vigilanza dei sindacati, i 65 lavoratori conserveranno il posto di lav oro alle stesse condizioni già applicate. (5) Nello stabilimento modenese, invece, si continuerà a produrre risparmiando sui lavoratori e facendo concorrenza sleale a chi lavora senza la scorciatoia degli appalti alle finte cooperative.
La GDO – primo cliente del ‘prenditore’ modenese – è forse l’unica forza in grado di pretendere la sostenibilità sociale del suo fornitore di pizze surgelate, spesso vendute proprio con la marca della distribuzione. Sfruttamento delle lavoratrici, #NonInNostroNome. Là dove non arriva il ministero del lavoro, che già imperdonabilmente tollera gli abusi sui lavoratori perpetrati da Amazon, è solo un comparto sano come la GDO in Italia a poter riportare ordine e giustizia sociale.
POL POP, mai più!
Marta Strinati e Dario Dongo