L’autopsia mediatica

Registriamo una morte strana, sospetta, di un ragazzo Italiano in un Paese straniero che sarà certo la culla dell’archeologia ma non è certo la culla della democrazia. Cosa facesse Giulio Regeni in Egitto non lo so, e francamente poco mi interessa: scelte sue, che avrebbero dovuto essere rispettate da tutti.

Così come avrebbe dovuto essere rispettato il dolore composto dei familiari, e invece sotto con la curiosità macabra e violenta di chi descrive fino allo sfinimento le condizioni del cadavere, dilungandosi su dettagli che possono essere ascoltati solo se l’autopsia è, appunto, mediatica. Io non so chi di voi sia mai entrato in una sala autoptica e abbia assistito a quel lavoro, ma vi posso garantire che è una cosa che non dovrebbe essere raccontata subito prima di parlare del pre-partita Frosinone-Juventus, con tutto il rispetto dovuto alle due squadre.

Il voyeurismo becero che si scatena ogni volta su queste cose continua a farmi semplicemente vomitare: che cosa cambia alla opinione pubblica sapere se è stato ammazzato con una fucilata o con un colpo alla testa? Che cosa cambia sapere o no se è stato torturato e, soprattutto, come è stato torturato?

Poi lascio alla politica il solito bla bla su “abbiamo chiesto con fermezza la collaborazione delle Autorità locali” e “faremo piena luce su quanto accaduto”, oppure “abbiamo mandato in Egitto i nostri uomini migliori per affiancare le Autorità locali”, detto da chi non riesce a portare a casa i due Fucilieri di Marina da tre lunghissimi anni.

Bassa macelleria mediatica, che non serve a nessuno se non (forse) ai dati Auditel: uno schifo infinito.

R.I.P. Giulio.

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