La tirannide della democrazia (di Stelio W. Venceslai)

Alexis de Tocqueville si esprimeva così, a proposito delle sciocchezze che può commettere una maggioranza democratica.

Noi ne abbiamo vecchi e nuovi esempi, taluni dei quali hanno rovinato il Paese trascinandolo in una serie deprimente di fallimenti politici, di disastri economico-industriali, di sostanziali incapacità a decidere sulle convenienze nazionali.

Abbiamo sviluppato un’abilità levantina nel fare la faccia feroce con i deboli da un canto e nel calarci le brache con i potenti dall’altro, cercando di non decidere mai, di non scontentare nessuno e non per amor di pace, ma per una concreta incapacità di scegliere nell’interesse della Nazione.

Non siamo affidabili, né come Stato né come politici, spesso neppure come imprenditori. Il Paese langue sotto il peso di una recessione che è di moda definire “tecnica” (ma che vuol dire?), perché non si ha il coraggio di dire come stanno le cose.

Il nuovo governo governa, almeno così sembra, a dispetto di tutti, dell’opposizione, dell’Europa e della crisi economica. Ogni dissidio è esaltato e ingigantito dai media, quasi tutti nostalgici dei non governi precedenti. Le due anime giallo-verdi non si amano, sono concettualmente diverse, ma stanno assieme per due ragioni: la prima è che i giochi si faranno alle elezioni europee e, la seconda, che non ci sono reali possibilità alternative.

Di sciocchezze ne fanno molte e talune se le cercano con il lumicino pur di dare a vedere che sono in grado di affrontare qualunque tema. Fra il discorso del balcone di Di Maio sulla sconfitta della povertà alla ridicola accoglienza istituzionale del criminale Battisti a Ciampino, le varie divise sfoggiate da Salvini e gli stupidi no sulle grandi opere dei più integralisti di 5Selle, fino alla nomina di Nonno Libero (ben noto alle platee televisive) quale rappresentante italiano all’Unesco, c’è da scegliere quale sia la boutade peggiore.

Tutto ciò da l’idea di un gran movimento, ma le cose serie restano fuori. Le polemiche contro la Francia sono tardive e inutili. Abbiamo scoperto ora che la Francia è una potenza colonialista? Abbiamo scoperto ora che Parigi accoglie i nostri criminali politici perché “perseguitati politici”? Nessuno mosse un dito quando un altro Presidente francese diverso da Macron decise di attaccare la Libia, suscitando quel disastro che è sotto gli occhi di tutti. Altri governi italiani, ma stessa impotenza.

Ora che Francia e Germania siglino il rinnovo del patto che li lega dai tempi di De Gaulle e di Adenauer, si grida allo scandalo, ma nessuno dice che quello è, in buona sostanza, un patto militare per coordinare e armonizzare gli armamenti dei due eserciti e che l’Italia fu invitata a suo tempo a partecipare alla festa ma pose condizioni tali (come se potessimo condizionare qualcuno!) che la nostra partecipazione fu respinta.

Germania e Francia sono il motore dell’Occidente europeo. Inutile farsi delle illusioni quando il treno è partito.

La nostra politica estera, che non ha mai brillato in passato, bisogna dire la verità, ora segna dei buchi neri piuttosto evidenti. Sulla Siria non siamo mai intervenuti, se non per ripescare qualche sciagurato cooperante rapito. Sull’Ucraina e la questione della guerra civile strisciante nelle sue regioni orientali, non abbiamo nulla da dire, anche se lì si cela un bubbone esplosivo che può trascinarci tutti in un conflitto pauroso.

Sulla Libia continuiamo a dare il nostro aiuto a un governo traballante, però riconosciuto dalle Nazioni Unite, mentre il vero potere è nelle mani del Generale Haftar con il quale dobbiamo trattare per la questione degli emigranti.

Sul Venezuela, dove vivono centinaia di migliaia di Italiani e di oriundi, il silenzio è assordante. La crisi del Governo Maduro è su tutti i giornali. Si profila il ritorno a una contrapposizione tra l’Occidente e Russia, Cina, Turchia e Iran. L’Europa è in mezzo, inerte o quasi. L’Italia non esiste, non prende posizione, addirittura il governo sembra diviso: maduristi o no? Ma questo significa o stare con gli Stati Uniti, di cui siamo alleati, o con la Russia di Putin, cui infliggiamo, nolenti, sanzioni economiche. Un pasticcio inestricabile per chi non ha le idee chiare.

Potremmo ricorrere a un referendum per decidere se appoggiare Maduro o i suoi oppositori. Il popolo ha sempre ragione, anche se non capisce quello che gli si vuole far votare e in Venezuela si prepara un’altra Siria.

Questo è, appunto, il rischio della tirannide. Gli eletti non sono in grado di decidere. Dovendolo fare, si ricorre al popolo. Il popolo sceglie così da deresponsabilizzare gli eletti, i Ministri, i Governi. Tutti assolti, perché il popolo ha deciso. Come e perché non ha importanza.

Questo è il vero male della democrazia, la rinuncia alle proprie responsabilità.

D’altro canto, se uno decide, c’è sempre il rischio che il potere giudiziario metta sotto accusa un intero governo, alla faccia della democrazia, come nel caso Salvini per la nave Diciotti.

La nostra Costituzione repubblicana ha puntigliosamente definito un sistema di pesi e contrappesi tra i poteri degli organi costituzionali, stabilendo peraltro che la sovranità appartiene al popolo. Se il popolo la esercita democraticamente ed esprime indirettamente un governo, quel governo è l’espressione della Nazione, ma deve governare. Solo, che non si può governare soltanto nei confronti dei più deboli, i contribuenti e gli emigranti.          Occorre governare anche altrove, pilotando lo Stato nelle secche della politica internazionale. E qui manca quasi tutto.

Roma, 26/01/2019

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