La metafora dell’antifascismo (di Cecco d’Ascoli)

Arriva il carrozzone degli imbonitori. Tutti con promesse mirabolanti; l’elisir di lunga vita, la ricetta del 3%, la cacciata degli immigrati, il ritorno alla lira, la teologia del bonus di 80 euro, meno tasse, più sussidi, fuori dall’Europa, meno burocrazia e lavoro per tutti.
È una festa. Sulle piazze, i giocolieri di turno lanciano tre o quattro palle in aria e poi le riprendono con destrezza. Sono bravissimi. Altri, invece, gonfiano palloncini colorati che volano in cielo. I passanti, a bocca aperta, ne seguono l’ascesa in cielo. Non vi dico i bambini, che hanno smesso di giocare alla play station per seguire le evoluzioni mentali di Di Maio!
La Raggi fa la guerra ai vaccini invece che ai topi e alle buche, Pironti sogna il governatorato del Lazio, Renzi è sicuro di vincere, Salvini auspica la leadership e Berlusconi di ringiovanire anche di testa.
Le cure sono molteplici e miracolose anche se, preminente. è quella tradizionale cara ai nonni, l’antifascismo, di cui la più fedele seguace è la Boldrini.
Fra poco volti vecchi e nuovi, possibilmente truccati dagli estetisti, appariranno a colorare i muri delle città. Comincia la gara frenetica dei pranzi e i ristoratori si fregano le mani. Quante cene elettorali! Ma, attenzione, saranno pagati,dopo? I tipografi festeggiano l’evento: carta straccia ed attacchini. Il Paese è in ripresa, non c’è che dire.
Poi ci sono le coccarde, i distintivi, le bandiere, il codazzo dei fotografi e dei giornalisti. Non è un’elezione, è una kermesse, come la oktoberfest di Monaco, come Halloween a New Orleans. Non c’è che dire, questo è un popolo felice.
Il rigore d’una persona seria, come la Bonino o come quello dei dirigenti di Liberi e Uniti, un po’ marxisti e un po’ blasé, stona con la generale allegria dei politici. Tutti le sparano grosse, più grosse sono, più suscitano la meraviglia. In realtà, basta poco, ma tutti esagerano.
La realtà miserevole di tutti i giorni è sdegnosamente ignorata. Il problema è se, alla fine della festa, chi raccoglierà i cocci di un Paese smarrito e depresso che si esprime con il silenzio.
Nonostante gli ammonimenti di Papa Francesco, che ammonisce che il gioco d’azzardo è un peccato grave almeno quanto l’usura, tutti si chiedono: chi vincerà? Si accettano scommesse.
Per fortuna, il Parlamento è chiuso in attesa dei nuovi inquilini. Tra Inquilini e inquinatori, l’assonanza è facile. Tutti sono alla ricerca dell’uomo di Stato, la figura importante, decisiva per i destini del Paese. Lo cercano tutti, come l’Araba fenice. Non lo trovano. C’è solo qualche Vispa Teresa maschio, ma nessuno se ne fida.(v. Gentiloni: l’acqua cheta che fa franare i ponti).
Il problema principale, ora, è l’antifascismo. Se una ragazza viene uccisa e squartata, e uno squilibrato spara su sei immigrati, mantenuti a spese nostre da una delle tante associazioni il cui bilancio e i cui meriti sono ignoti, evidentemente, c’è un ritorno del fascismo. A Macerata si fanno cortei di protesta. Contro chi?
Contro i presunti stupratori assassini? No. Contro chi ha sparato su sei immigrati innocenti? Se questa fosse una regola, dovremmo avere cortei ogni giorno. Fatti da chi? La partecipazione è variegata, ma sono tutti contro il fascismo che non c’entra affatto.
Cosa vogliono i corteanti? Liberare i nigeriani arrestati? Linciare lo squilibrato che ha sparato? Furono fatti cortei quando ammazzarono Moro? Mi pare di no, ma allora non era questione di fascismo, solo di “compagni che sbagliano”. Senza vergogna, inneggiano addirittura alle foibe. Se fosse per loro, infoiberebbero tutti gli oppositori. Viva la libertà di pensiero!
Le idee sono poche e altrettanto confuse ma, in sintesi, chi protesta vuole riaffermare i valori dell’antifascismo, della Resistenza e della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza e dai partiti del defunto arco costituzionale. Non c’è che dire, una logica impeccabile che ha retto un sistema marcio fino ad ora.
Chi li ha messi in forse questi “valori”? Forse solo Renzi, con la pretesa di riformare la Costituzione. E allora, a che serve questa sceneggiata?
Qualcuno (Fratoianni, di Liberi e Uniti, che nonostante tutto è una persona seria) ha avuto anche l’idea balzana di proporre che i sei immigrati feriti dallo squilibrato abbiano in premio (di che?) la cittadinanza italiana. È incredibile come il furore polemico arrivi ai confini della stupidità. Immagino che dovrebbe esserci una legge, futuribile, per modificare le regole attuali sulla cittadinanza con un solo comma: “Se un immigrato illegale viene sparato, ha diritto ad essere cittadino italiano.” (L’italiano è pessimo, ma mi adeguo al linguaggio giuridico attuale). Capisco la commozione e la partecipazione, ma essere tanto affranti non giustifica la stupidità. Sono due cose diverse, l’una è un crimine, l’altra è l’antifascismo.
La vera questione è che gli Italiani non vogliono fare i conti con il loro passato, né con la colonizzazione post-unitaria del Mezzogiorno né con vent’anni di fascismo (davvero tutti da buttare?), con una guerra perduta (non vinta, ricordiamocelo, e tanto meno dalla Resistenza), con la caccia agli ebrei e con le leggi razziali, con le atrocità commesse da fascisti, nazisti, comunisti e partigiani nella guerra civile.
L’idea dell’Italiano buono è qualcosa di radicato nella convinzione che noi si sia diversi dagli altri. Non è vero, forse siamo stati anche peggio, in Libia, in Etiopia, in Grecia, in Slovenia, in Croazia.
Il fascismo ha fatto cose buone e cose cattive. Ha avuto il torto di perdere una guerra inutile, mal preparata e peggio condotta, di soffocare nel sangue la sua parodia del nazismo negli anni della Repubblica sociale. Ma è finito, morto e sepolto. Sono passati più di settant’anni e ancora sbricioliamo pane e odio.
Se non c’è altro che antifascismo, vuol dire che non c’è uno straccio d’idea nuova. Dobbiamo finirla con i luoghi comuni, anche con la retorica della Resistenza. Ancora gira l’Associazione dei partigiani nell’era digitale!
Andiamo alle elezioni con un mare di problemi e d’incertezze. Vuoi vedere che l’unica certezza sul mercato è l’antifascismo?

Roma, 10 febbraio 2018

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