Geopolitica infantile

Inizio, qui sul mio blog, a pubblicare gli articoli che periodicamente mi arrivano dal Prof. Stelio W. Venceslai, del quale mi onoro di essere amico, perché trovo che le sue riflessioni possano essere di spunto per tutti.

Ho sempre ammirato la sua moderazione e la grande preparazione che usa nello scrivere questi articoli. Buona lettura a tutti voi.

Geopolitica infantile

(di Stelio W. Venceslai)

Dopo la guerra di Corea, fortunosamente rappezzata con l’audace iniziativa di Mac Arthur di sbarcare dietro le linee nordcoreane, gli Stati Uniti hanno registrato una serie di pesanti sconfitte militari, e soprattutto politiche.

Subentrati alla Francia dopo Dien Bien Phu, nell’Indocina francese, con un accordo paravento che sanciva un Vietnam del Nord ed uno del Sud, sul modello coreano, il regime sud vietnamita è crollato nonostante gli ingenti sforzi finanziari, politici e militari americani. Qualcuno ricorderà la fuga dell’Ambasciatore americano a Saigon, mentre veniva arrotolata la bandiera degli States. Una sconfitta totale.

Subentrati ai Russi sconfitti, in Afghanistan, gli Americani hanno profuso risorse ed uomini, in questo aiutati da un’alleanza multinazionale, per sostenere governi traballanti e ricostituire un esercito nazionale che di fronte ai Talebani molla le armi e si dà alla fuga. In Afghanistan la presenza americana non ha risolto i problemi del Paese e rischia di essere un nuovo Vietnam delle montagne, anziché delle foreste.

L’avventura iraqena dei due Bush è stata un disastro annunciato, non avendo dietro nessun disegno politico, ignorando la questione scita ed essendo una crociata contro il partito Bath di Saddam e lui stesso, presunto detentore di terribili armi chimiche. Il disastro continua perché la nascita dell’ISIS e la perdita di due terzi del territorio iraqeno a favore dell’ISIS ha scatenato l’aggravarsi della crisi siriana.

In Siria, il sostegno alla guerra civile contro Bashar ha portato alla moltiplicazione dei gruppi jhadisti ed all’invasione da parte dell’ISIS di gran parte del territorio siriano. L’effetto più vistoso di questa politica è stato l’ingresso nel Mediterraneo della flotta russa, da sempre tutrice di Bashar Assad e del regime siriano.

In Ucraina l’America non ha mosso un dito. La Crimea è passata alla Russia senza colpo ferire e se Putin insiste anche l’Ucraina russofona dell’Est passa dall’altra parte. Non si può rischiare una guerra nucleare per salvare la faccia a Kiev.

In questo complesso disastro politico-militare sono stati spesi miliardi di dollari e centinaia di migliaia di vite umane. Si capisce perché da qualche tempo gli Americani si siano fatti prudenti. Visto che hanno una classe dirigente adusa ai fallimenti e che non possono cambiare la testa ai loro Presidenti, meglio non rischiare. La difesa della libertà e l’esportazione della democrazia sono rinviate a data da destinarsi.

D’altro canto, siamo ragionevoli: loro non sono in Europa. Obama è alla fine del suo secondo mandato. Non può chiudere la sua presidenza con un’altra guerra. Al massimo, può inviare consiglieri militari e droni, tanto per far vedere che anche lui è della partita.

In Europa c’è l’Unione europea, un monstrum economico un po’ traballante, ma competitor sui mercati mondiali. E perché gli Americani dovrebbero farsi ammazzare se gli Europei non muovono un dito in difesa dei loro interessi? Hanno ragione. Se si difendono si possono aiutare, ma se impigriscono nelle loro ricerche d’identità, che se la vedano per conto loro.

Qualcuno però dirà: ma c’è la Russia che incombe. E’ vero. La Russia non solo incombe, ma straripa. Nel vuoto c’è sempre qualcuno che versa acqua o benzina. La Russia di oggi può avere molti difetti e parecchi problemi, oltre ad un brutto passato, però ha una classe dirigente che ha una visione non infantile degli interessi del Paese e della situazione europea. Visto che l’Europa non c’è, dal punto di vista politico militare, se non ci pensano gli Stati Uniti, ecco il nuovo protettore, la Russia dello zar Putin.

La questione fondamentale, però, non è se cambiare protettore passando dalla statua della libertà alle cupole dorate del Cremlino, ma se l’attuale destino dell’Europa puttana sia decisamente quello di cambiare protettore. Quei Paesi membri dell’Unione che fanno la faccia feroce nei confronti dell’Unione politica o della questione degli immigrati, gli Ungheresi, tanto, per intenderci, oppure i Polacchi o, ancora, Lituani, Lettoni e Estoni, se lo sentono addosso il fiato dell’orso russo, che peraltro conoscono assai bene? E sono davvero convinti che, in questa difficile fase politica, l’America interverrebbe ancora a loro favore?

Certo, c’è la NATO, ma è un fragile scudo di carta. E’ possibile che nessuno in Europa pensi alla necessità di un esercito europeo, con bandiera europea, con comandi europei e con la voglia non di fare le guerre, per carità, ma di essere uno scudo significativo nei confronti degli appetiti delle grandi potenze?

Nel Mediterraneo non c’è più la flotta americana: c’è quella russa e quella cinese. Più declino impotente di così non è possibile. Altro che Mare nostrum!

La minaccia dell’ISIS devastatrice della nostra civiltà è drammaticamente alle porte. Quante stragi saranno ancora necessarie per far capire all’Europa che non può contare sugli Stati Uniti, che è pericoloso contare sulla Russia e, soprattutto, che non si può essere servi di tutti?

Quando Hollande dice che la Francia prenderà le misure adeguate contro l’ISIS assassino, sa benissimo che la Francia non potrà fare una guerra continentale da sola, come non la può fare la Spagna o l’Italia. Ma l’Europa sì, ed occorre che si svegli.

 

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