Il cappello del prestigiatore (di Stelio W. Venceslai)

Non sempre le elezioni vengono per nuocere. Ad esempio, rientrati per il rotto della cuffia in Parlamento Grasso e la Boldrini, forse torneranno in auge la sintassi e la lingua italiana, con sindaco e ministro, invece di Sindaca e Ministra. È un risultato che consola d’altre sciagure.
A elezioni fatte e risultati definitivi resi, tutti sembrano stupirsi e preoccuparsi delle difficoltà per comporre un governo. Sembrano, perché in realtà lo sapevano tutti prima ed hanno accuratamente fatto in modo che con la legge elettorale non vincesse nessuno. Il rischio elettorale era troppo grande perché emergesse con chiarezza un vincitore.
Il successo di 5Stelle era previsto, ma non così travolgente. Tutti davano il Pd in calo, ma non così perdente. Tutti pensavano a un Berlusconi trionfante e, invece, è finito in soffitta.
Il fatto che il PD sia in disfacimento preoccupa più di quanto non si creda. Non è di certo la sorte del povero Renzi, che ora tutti schifano, e neppure la prospettiva di avere tre o quattro partitini di sinistra, com’è fatale. La verità, sommersa, è ben diversa. Comuni, Province e Regioni stanno cambiando faccia. Il potere occulto del PD, delle sue associazioni e delle sue cooperative sta franando. Dovrà fare i conti con più di 300 deputati e senatori “meridionali” eletti da 5Stelle. È in ballo un giro di centinaia di miliardi di euro, fra collusioni, interessi, complicità e clientele, che non troverà più sfogo. Tutto un sistema di potere consolidato è in bilico. 5Stelle ha sommerso tutto il Meridione. Questo è il vero problema.
Assediati fra Toscana ed Emilia, il potere cinquantennale della sinistra è agli sgoccioli. Sarà in grado Di Maio, con i suoi, di spazzare questo potere? Ciò porta a una qualche riflessione fondamentale.
5Stelle ha fatto della decurtazione dei privilegi e dei compensi parlamentari una bandiera di merito. Dovremmo avere un Parlamento, dove la metà circa degli eletti lucra e
l’altra metà no. Una situazione incandescente.
Inoltre, fra i deputati del Movimento ce ne sono già alcuni espulsi e altri non in odore di santità. Qual’è realmente la forza dei voti di 5Stelle? Dopo l’euforia della vittoria, su quanti voti potrà realmente contare?
L’effetto del potere è trascinante. Chi governerà avrà il supporto, tacito o palese, degli inevitabili transfughi (per il bene del Paese, ovviamente). È difficile, ad oggi, valutare
il peso reale e costante della presenza di un gruppo parlamentare così numeroso che, poi, dovrà essere governato. Da chi? Per essere un partito “populista” sarebbe un destino singolare essere guidati a comando da personaggi non eletti, come Grillo e Casaleggio, oppure teleguidati, come Di Maio.
Un’ulteriore considerazione va fatta per il famoso “reddito di cittadinanza”, scimmiottato negli ultimi tempi dal reddito d’inclusione e dall’idea berlusconiana di portare le pensioni minime a mille euro.
Si tratta di un terreno molto scivoloso. Le “mancette” di 80 euro di Renzi non hanno salvato il PD dal disastro elettorale né migliorato la situazione economica generale. Sono state un esborso inutile, se non dannoso, per l’economia nazionale.
La gente, soprattutto del Sud, ha votato contro il governo e il PD perché è stata profondamente delusa. Rabbia e timore si sono espressi in un rifiuto dell’attuale e in una speranza di cambiamento reale. Il reddito di cittadinanza è molto più pericoloso delle “mancette” di Renzi.
Innanzi tutto, perché è solo una scelta del Movimento, anche se qualcuno, com’è già accaduto, si è presentato a non so quali uffici a chiedere come fare per ottenerlo.
Prima di varare un provvedimento del genere, dando per scontato il consenso parlamentare, dovrebbe essere definito chi ne ha diritto, con quali limiti e con quali controlli, il che non è semplice. Poi, sul piano dei conti pubblici, sarebbe un salasso assai pesante. In teoria, si dovrebbe ridurre la spesa, ma per far questo occorrono tempo e consensi. La gente, invece, ha fretta. Illusa dalle promesse, poi, si rivolta. E avrebbero anche ragione.
Sull’altro versante, quello del Centro-Destra, tra un Salvini trionfante e un Berlusconi declinante, la prospettiva di una presa del potere urta contro un’opposizione generale strisciante. La flat tax è un’incognita per tutti, anche per chi la propone. Non sarà un parto indolore se Salvini riuscirà a portarla in Parlamento.
La prima resa dei conti sarà al momento dell’elezione dei due Presidenti della Camera e del Senato. A rigor di logica queste cariche importanti dovrebbero essere affidate a chi ha vinto. Se il Presidente della Repubblica potesse dare un consiglio ascoltato, non ci dovrebbero essere dubbi. Affidare questi incarichi a personaggi fuori dal risultato elettorale sarebbe un segnale pessimo di sfiducia anche nei confronti dell’elettorato. Peggio ancora, se si auspicasse un contentino per il partito che è stato sconfitto. Un Renzi presidente, ad esempio (oppure uno Zanda o un Gentiloni), sarebbe uno schiaffo al buon senso, anche se servisse a neutralizzarlo per non fare più danni.
Ciò che emerge dal confuso chiacchiericcio politico è che, nonostante i divieti e le prese di posizioni ablative (mai con la Destra, mai con il Movimento), gli affari dello Stato premono e ad essi bisognerà pur dare un seguito.
Le scadenze interne e comunitarie non aspettano le enigmatiche decisioni dei vincitori parziali o di Mattarella. Già si profila, ad esempio, un Def ad effetto “polaroid” che rispecchi la realtà dei conti senza previsioni per il futuro, in attesa degli orientamenti del Governo che verrà. Potrebbe essere una manifestazione positiva di realismo.
La buffonata delle promesse elettorali senza senso sta venendo alla scadenza. La realtà dei conti pubblici e dello sfascio della macchina dello Stato si profila come il banco di prova delle capacità dei nuovi amministratori. In Europa le cose funzionano meglio che in Italia, è a tutti noto. Invece di lambiccarsi per trovare soluzioni ardite e improponibili, basterebbe tradurre e copiare. Forse è un esercizio demotivante, ma farebbe bene al Paese. Non dimentichiamocelo che il nostro è un Paese vecchio, ritardato, immobile, se non in preoccupante declino.
Dal 23 marzo in poi i giochi dovrebbero cominciare ad essere seri. Dico dovrebbero, perché non si sa mai cosa potrà uscire dal cappello dei prestigiatori di turno. Che Dio ce la mandi buona!

Roma, 11 marzo 2018

Lascia un commento

comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *